Il cinema neorealista e le donne: l’evoluzione della figura femminile

Il cinema neorealista e le donne: l’evoluzione della figura femminile, ha considerato come elemento principale della narrazione filmica, la donna.

Dal cinema dominato dalle regole fasciste, fino al nascita del neorealismo cinematografico, si è assistito ad una vera e propria evoluzione della figura femminile.

Se durante il ventennio fascista la donna è relegata a ruoli da comprimario, ritratta come femme fatale o come una figura aristocratica tipica del periodo dei “telefoni bianchi”, ebbene tutto questo durante gli anni della guerra e in quelli successivi muta profondamente.

Il cinema neorealista e le donne: l’evoluzione della figura femminile, vuole trasmette il tipico esempio di donna abbandonata dal proprio uomo impegnato al fronte, che si ritrova a combattere per proteggere la propria famiglia e coinvolta nella lotta di Liberazione. Esattamente in questi anni (1943-1949) si assiste a quel cambiamento, che è il preludio di quell’emancipazione femminile che avrebbe segnato la società italiana dei decenni successivi. Diverse sono state le donne che hanno contribuito a lasciare un segno indelebile nel cinema neorealista. Esordisce nel genere, Clara Calamai nel film Ossessione, attrice già affermata nel periodo fascista, la quale interpreta una donna provocante e distruttiva capace di trascinare con sé il giovane amante pur di allontanarsi da un ambiente ostile caratterizzato da una profonda insoddisfazione coniugale.

Clara Calamai in Ossessione

Trascorrono due anni ed ecco trionfare sullo schermo una grande Anna Magnani in Roma città aperta. Il suo personaggio è ispirato a Teresa Gullace, una donna italiana uccisa dai soldati nazisti mentre tentava di parlare al marito prigioniero dei tedeschi.

Nel 1949 s’impone la diciannovenne Silvana Mangano in Riso amaro, dove interpreta il ruolo di una mondina bellissima, ma anche tanto ingenua. La sua ingenuità sarà fonte di guai.

Silvana Mangano in Riso amaro

Ma il cinema neorealista è contraddistinto anche da ruoli femminili ricoperti da attrici non professioniste, di conseguenza non destinate ad intraprendere una carriera cinematografica. Un esempio è Maria Pia Casilio in Umberto D.

Maria Pia Casilio in Umberto D.

E’ importante evidenziare come nonostante l’uso di mezzi tecnici approssimativi, i film neorealisti sono strutturati in un modo in cui le narrazioni s’intrecciano, alternando elementi tratti dalla vita quotidiana con altri di pura immaginazione, al fine di coinvolgere emotivamente il pubblico.

 

Fonte: Dizionario del cinema italiano – IL NEOREALISMO di Stelvio Catena (Guerra Edizioni, 2017)

Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica: tre registi a confronto

INTRODUZIONE

Decisivo è il confronto di tre registi Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, per comprendere il successo del Neorealismo e l’influenza culturale e artistica che il movimento e genere cinematografico ha avuto a livello nazionale e internazionale. I tre registi hanno analizzato e messo in evidenza le condizioni drammatiche dell’Italia durante e dopo la guerra. Dal loro confronto, emerge che Luchino Visconti si è imposto attraverso la libertà d’interpretazione dei fatti, prefigurando modi e ambienti (Ossessione, La terra trema), Rossellini attraverso la libertà di ricerca dei fatti (Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero), De Sica attraverso la libertà di dare a quei fatti il volto e il comportamento della gente comune (Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D.)

LUCHINO VISCONTI

 

Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica: tre registi a confronto
Luchino Visconti

 

 

 

 

 

 

Dall’analisi delle opere di Visconti, appare evidente, come il regista avesse adoperato delle vere rivoluzioni linguistiche nei suoi film; la scoperta del paesaggio in Ossessione e l’uso del dialetto in La Terra trema.

La caratteristica che emerge dai lavori del regista, è l’adattamento dei film alla tradizione ottocentesca del romanzo, in special modo del romanzo verista. Già dai suoi primi film, la suggestione figurativa scaturisce dalla tradizione iconografica, poiché nella Sicilia da lui rappresentata, si possono cogliere aspetti familiari, simili a quelli espressi nella Sicilia di Guttuso. D’altro canto, la critica ha voluto eliminare la parola “neo” dalla sua filmografia, attribuendogli invece il merito di avere ricostruito il romanzo russo e francese.

Con la realizzazione di Ossessione, tratto dal romanzo americano Il postino suona sempre due volte di James Cain, Visconti adotta un suo stile, che andava a rompere gli schemi provinciali del cinema fascista.

In La terra trema, liberamente tratto da I malavoglia di Giovanni Verga, i pescatori siciliani di Aci Trezza, sono i protagonisti del film. Visconti adotta lo stile documentarista per raccontare le condizioni di miseria delle classi più umili della popolazione.

Allo stesso tempo, appare rischioso concepire lo stile adottato come uno  stile al neorealismo. Se si dovesse accettare questa tesi, non si potrebbe più parlare di neorealismo ma di realismo. Sicuramente lo stile e il linguaggio del regista appartengono a un’altra posizione estetica. Visconti non predilige l’improvvisazione dei ruoli, bensì la loro esatta assegnazione in cui ognuno indossa una propria maschera, in cui agli attori si chiedeva di interpretare una realtà frutto dell’elaborazione letteraria. Anche se è considerato uno dei massimi esponenti della rinascita del cinema italiano ispirato alla realtà, tuttavia si discosta dal filone espressivo di Rossellini e De Sica.

 

ROBERTO ROSSELLINI

 

Roberto Rossellini

 

 

 

 

 

 

Rispetto a registi come Luchino Visconti, Giuseppe De Santis, Michelangelo Antonioni o Federico Fellini, i quali si distinguono in base al loro diverso stile, con Roberto Rossellini si può parlare di metodo inteso come proposta di nuovi modi di produzione e superamento della finzione romanzesca.

Rossellini ha fatto la storia del Neorealismo cinematografico, determinandone le linee generali che lo costituiscono, andando contro quelle regole che formavano lo star system. Per il regista, il cinema diventa realistico perché permette la trasformazione dell’arte in informazione; quell’informazione che lo spettatore vede attraverso i suoi occhi.

Tutto questo, lo fa servendosi di questo straordinario mezzo di comunicazione che è il cinema, comunicando alle masse, non il romanzo, ma il saggio della storia.

I temi del Neorealismo quali, il popolo, la società divisa in classi, la città vengono non soltanto descritti, ma radiografati. Il suo è un realismo globale capace di superare la specializzazione stilistica attraverso l’applicazione di un codice aperto alla libera espressione, da contrapporre a un codice chiuso tipico del cinema classico.

Nei film come La nave bianca (1940); Un pilota ritorna (1942) e L’uomo della croce (1943), si intravedono quelle caratteristiche che lo distingueranno nei successivi film e cioè lo stile documentario e antiretorico. Nel 1945 esce nelle sale cinematografiche Roma città aperta, il primo dei tre film della cosiddetta “Trilogia della guerra”, incentrata sulla Resistenza durante l’occupazione nazifascista. I successivi film della trilogia sono Paisà uscito nel 1946 e Germania anno zero del 1948. Queste tre pellicole contribuiscono al successo di Rossellini a livello mondiale, consacrandone il suo valore artistico.

In Roma città aperta, il popolo vive nella città e per Rossellini, le abitazioni diventano le strade in cui la vita privata viene condivisa con gli altri e non più celata nelle quattro mura di una casa. Rossellini è considerato come il grande cronista che racconta per primo i difficili mesi della Resistenza.

In Paisà si assiste al superamento dei confini e delle culture e all’incontro tra persone appartenenti a ceti sociali nettamente opposti. La ragazza siciliana e il soldato americano, il bambino napoletano e il soldato afroamericano, la prostituta romana con un altro soldato americano, l’infermiera inglese e i partigiani fiorentini, i cattolici, i protestanti e gli ebrei e infine i partigiani a confronto con i soldati tedeschi.

In Germania anno zero, si vuole fare una constatazione dei fatti in negativo su ciò che la guerra aveva lasciato come eredità alle nuove generazioni. Roberto Rossellini si può considerare come quel regista che più di altri andava alla ricerca del vero, del reale e questo diventa il suo stile capace di trasmettere al pubblico una visone chiara della condizione umana.

VITTORIO DE SICA

 

Vittorio De Sica

 

 

 

 

 

 

 

Il periodo Neorealista di De Sica va da I bambini ci guardano del 1942 (prologo al Neorealismo) a Il tetto del 1956. Il Neorealismo del dopoguerra è un cinema che vuole stimolare l’italiano a una maggiore indipendenza di pensiero. De Sica è il regista che racconta storie di persone comuni reduci dai drammatici anni di una guerra che aveva distrutto economicamente e socialmente l’Italia, ma non la loro voglia di riscatto.

Con I bambini ci guardano, il regista con la collaborazione di Cesare Zavattini, (unione destinata a cementarsi con il passare degli anni), rivolge l’attenzione per la prima volta ai problemi dell’infanzia, i quali saranno maggiormente sviluppati in Sciuscià. L’incontro con lo scrittore e sceneggiatore, contribuirà a cambiare l’approccio del regista con il mezzo cinematografico.

De Sica, aderisce in modo completo alle teorie zavattiniane e dalla stretta collaborazione si producono capolavori neorealisti come Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D., che segneranno l’apice qualitativo della loro produzione e del genere neorealista. In questi film sono presenti tutti i tratti distintivi e innovatori del Neorealismo e della loro produzione: riprese dal vero, utilizzo di attori non professionisti, rappresentazione della realtà quotidiana, storie ambientate tra la gente comune.

Da una parte c’è la poetica della gente di Zavattini, dall’altra l’attenzione agli esclusi, bambini e anziani di De Sica. Dal risultato ottenuto ne viene fuori, l’immagine di una società fredda e indifferente, in cui i più deboli possono solamente immaginare la possibilità di un riscatto personale, trovando consolazione nelle piccole gioie quotidiane.

Il nuovo cinema italiano si contrapponeva nettamente al cinema patinato di Hollywood, basato sull’evasione dalla realtà e sugli incassi al botteghino.

Vittorio De Sica, rimane influenzato dalla vena poetica di Cesare Zavattini, tanto che una certa purezza dei sentimenti e una delicatezza descrittiva accompagnerà il regista in tutti i film successivi, anche in quelli in cui Zavattini non è sceneggiatore.

 

Fonti:

  • Il neorealismo cinematografico italiano a cura di Lino Miccichè (Saggi Marsilio, 1999)

  • Dizionario del cinema italiano – IL NEOREALISMO  di Stelvio Catena (Guerra Edizioni, 2017)

 

Il cinema neorealista: nascita di un nuovo genere cinematografico

Il cinema neorealista, segna la nascita di un nuovo genere cinematografico, sviluppatosi nel secondo dopoguerra in un arco temporale che inizia dal 1945 con l’uscita di Roma città aperta di Roberto Rossellini, fino al 1952 con l’uscita di “Umberto D.” di Vittorio De Sica.

Da precisare che già due anni prima, nel 1943, Luchino Visconti diresse Ossessione considerato da una larga parte della critica l’antesignano del Neorealismo italiano.

Il cinema neorealista, che segna la nascita di un nuovo genere cinematografico, si distingue in due periodi:

  • (1945-1946) affronta il tema della Resistenza all’occupazione nazifascista, rappresentata da Roma, città aperta e da Paisà

  • (1948-1952) affronta più specificatamente problemi di natura sociale come la disoccupazione in “Ladri di biciclette”, la vecchiaia e la vita da pensionato in “Umberto D.”

L’Italia usciva da un periodo drammatico e forte era il bisogno di riscatto sia economico sia sociale.

In questo contesto contraddistinto da miseria e instabilità politica, si fece avanti un gruppo di cineasti e registi che, diedero vita ad un nuovo modo di fare cinema, nel quale protagonista erano le storie di gente comune.

La gente comune, erano facce anonime di uomini e donne sconosciuti al grande pubblico che non avevano alcuna precedente esperienza cinematografica.

Le loro storie, cariche di drammaticità e disperazione, appartenevano alle classi sociali meno abbienti, dalle quali il Neorealismo divenne il principale portavoce.

Il cinema neorealista, che segna la nascita di un nuovo genere cinematografico, dovette affrontare molte difficoltà interne ed esterne.

Esterne, causate dall’invasione dei film americani che la facevano da padrone sul mercato. Interne, l’impossibilità di potere girare i film a Cinecittà, in quanto gli studi cinematografici subirono danni ingenti dall’occupazione.

In questo contesto, i registi manifestarono la volontà di girare i loro film in esterno, considerando come location strade e campagne di città ed eseguendo il doppiaggio in fase di postproduzione in studio.

L’aspetto innovativo del cinema neorealista, rispetto al cinema classico, era incentrato sul modo di raccontare una storia non più basata su una logica del susseguirsi degli eventi, dove le varie fasi della narrazione sono tra loro collegate, ma sulla casualità degli eventi.

L’obiettivo era quello di portare sul grande schermo storie e personaggi del presente, analizzando il loro passato e coinvolgendo emotivamente il pubblico in sala.

Il cinema neorealista, si propone come cinema di denuncia, capace di rappresentare la realtà quotidiana e gli autori neorealisti offrono allo spettatore una precisa visione di quella realtà vissuta. Una realtà che rappresenta la società di quegli anni, i cui elementi caratterizzanti sono l’ingiustizia, la disonestà e l’avvilente ricerca del denaro. Attraverso i loro film, ipotizzano la possibilità di realizzare un nuovo modo di intendere l’esistenza umana e modo di vivere, capace di adottare ideali ispirati all’onestà e alla rettitudine morale.

 

Fonti: